Con il nuovo contratto arretrati al lumicino per il 2022 e il 2023
20 Maggio 2024 - Il Sole 24 Ore – Norme & Tributi+ Enti Locali - di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan
In breve
Gli importi sul primo biennio corrispondono all’indennità di vacanza già erogata
L’atto di indirizzo per il contratto delle Funzioni locali 2022/24 apre ufficialmente il lungo percorso che porterà alla firma dell’intesa (si veda anche Nt+ Enti locali & edilizia del 15 maggio).
Il documento parte da un’analisi dei dipendenti del comparto, che si sono ridotti di 60mila unità in sei anni, per arrivare a proposte concrete per rilanciare l’occupazione: maggiore attrattività economica e welfare aziendale. Ma per raggiungere l’obiettivo servono risorse che non paiono esserci.
Il quadro economico determina le disponibilità per il triennio 2022/24. Al di là della quantificazione in termini assoluti, che poco dice per le tasche dei dipendenti, le note a piè di pagina chiariscono che, per gli anni 2022 e 2023, gli importi previsti sono «corrispondenti all’indennità di vacanza contrattuale già corrisposta». Cosa significa? Semplice: se le somme stanziate corrispondono a quelle già pagate a titolo di Ivc, per il biennio in questione non dovrebbero essere riconosciuti arretrati. Viene anche specificato che, nel 2023, è stato pagato l’elemento accessorio una tantum, che quindi non viene riportato nel quadro economico. In pratica, per il 2022, i conti si chiudono con un aumento medio, già erogato a titolo di Ivc, di 5,35 euro per i mesi da aprile a giugno, e di 8,81 euro per il secondo semestre. Nel 2023 si passa a 8,91 euro, ai quali si aggiungono 26,74 euro di una tantum.
Dal 2024 l’aumento diventa più consistente, ma più della metà è già stato corrisposto a titolo di anticipo. Le risorse sul tavolo risultano sicuramente più importanti rispetto a quelle del 2019/21, ma lontanissime da coprire l’inflazione che ha caratterizzato il triennio.
L’atto di indirizzo specifica che si dovrà intervenire sul trattamento economico utilizzando «i margini utili per potenziare l’interesse all’impiego negli enti attualmente meno attrattivi». Non è chiaro con quali risorse si potrà dare contenuto a questa condivisibile, affermazione di principio.
L’altro pilastro su cui poggiare il rilancio del lavoro pubblico è costituito dal welfare aziendale con l’obiettivo di renderlo compatibile con quello del privato e di sfruttare le agevolazioni fiscali e previdenziali, anche se sia l’atto di indirizzo di comparto sia la direttiva madre richiamano strumenti di welfare già presenti nei contratti collettivi.
Sarà interessante capire su quali nuovi binari intenderà muoversi. Sul tema delle risorse dedicate, le novità non sembrano particolarmente incoraggianti. Sul punto, l’unica indicazione è quella di individuare una percentuale dell’ammontare dei fondi per il trattamento accessorio da destinare al welfare. Ovvero, quello che oggi è facoltativo potrebbe diventare obbligatorio. E, in un’ottica diversa, quello che oggi viene pagato in performance domani diventerà welfare. Ma, per quanto emerge, a saldo zero; o meglio, facendo risparmiare i contributi all’ente e facendo pagare meno tasse ai dipendenti.
Il vero punto riguarda la possibilità di finanziare questo istituto fuori dai limiti del trattamento accessorio, con nuove risorse da attingere dai bilanci degli enti, applicando le indicazioni di alcune Corti dei Conti regionali. Nel testo finale dell’atto di indirizzo questa possibilità è stata espunta.
L’unica apertura riguarda la retribuzione di posizione che potrà essere finanziata con le capacità assunzionali.
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